Il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) è un tumore maligno molto aggressivo e fra i più frequenti tumori del sangue. Nonostante l’efficacia dei trattamenti disponibili, una quota significativa di pazienti sperimenta una recidiva, e coloro che per età avanzata o fragilità fisica non riescono a sottoporsi a un trapianto di cellule staminali autologhe, hanno possibilità ridotte di contrastare ulteriormente questa malattia. Gli sforzi per migliorare questo scenario sono stati finora infruttuosi. Tuttavia, un farmaco semplicemente somministrato per via orale e a basso profilo tossico, ha mostrato ottimi risultati in questo gruppo di pazienti. Il farmaco è un immunomodulatore che agisce in diversi modi: colpisce le cellule tumorali, ma anche l’ambiente nel quale crescono queste cellule, oltre a favorire l’attività del sistema immunitario.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Haematology, è stato coordinato dal dottor Andrés José María Ferreri, a capo del gruppo di ricerca Disordini Linfoproliferativi della Divisione di Oncologia Sperimentale dell’Ospedale San Raffaele, in collaborazione con Maurilio Ponzoni, responsabile dell’area diagnostica di Ematopatologia nell’unità operativa di Anatomia Patologica e docente presso l’Università Vita-Salute San Raffaele. Come riportano gli autori, il farmaco (la lenalidomide) ha permesso al 70% dei pazienti trattati di superare un anno di terapia senza che la malattia progredisse. Non solo, nel gruppo di pazienti già sottoposti ad autotrapianto, la cosiddetta “mediana di sopravvivenza” (il tempo in cui la popolazione viene dimezzata dalla malattia), solitamente di soli 9 mesi, con l’aiuto del farmaco è più che raddoppiata, prolungandosi per più di 20 mesi. La terapia è risultata particolarmente efficace in tutti i sottotipi di DLBCL e in particolare anche in quelli preceduti da forme di linfoma più indolenti, chiamati “trasformati” e che rappresentano un sottogruppo con prognosi ancora più severa.
“È un risultato che supera ogni attesa e offre delle possibilità terapeutiche concrete a persone che fino a oggi ne erano prive”, spiega il dottor Ferreri. “Non solo, grazie al proprio ottimo profilo di sicurezza, il farmaco può essere assunto per anni, semplicemente per via orale, con lunghi periodi di remissione di malattia. Solo dopo un adeguato periodo di osservazione, che rappresenterà il prossimo passo importante di questo studio, potremo capire se questo successo terapeutico coinciderà a tutti gli effetti con la guarigione per i nostri malati”.
Quanto ottenuto apre la strada a un ulteriore studio che confermi le indicazioni già emerse. Gli straordinari miglioramenti clinici già riscontrati in questa prima fase, suggeriscono l’estensione immediata dell’utilizzo del farmaco per tutti quei pazienti ad alto rischio privi di alternative terapeutiche valide.
Per maggiori informazioni sullo studio: ferreri.andres@hsr.it