Un gruppo di ricercatori guidati dal professor Massimo Filippi e dalla dottoressa Mara Rocca – esperti di neuroimaging nelle malattie infiammatorie-demielinizzanti del sistema nervoso centrale presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele – hanno coordinato la validazione dei nuovi criteri per l’impiego della risonanza magnetica nella diagnosi della sclerosi multipla (SM). Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Neurology, ha guidato la revisione complessiva della diagnosi della malattia pubblicata sulla stessa rivista e conferma il ruolo centrale del San Raffaele nella ricerca internazionale contro la SM.
L’inserimento ufficiale della risonanza magnetica come strumento di diagnosi risale al 2001, con la stesura dei cosiddetti criteri di McDonald. Prima di oggi, i criteri erano già stati aggiornati nel 2010, con l’obiettivo di aumentarne l’accuratezza. “In questi ultimi 7 anni le tecnologie sono tuttavia avanzate e sono aumentate le conoscenze riguardo i processi patologici specifici della malattia. Oggi siamo in grado di distinguere meglio la SM da patologie simili e di farlo prima”, spiega Massimo Filippi, a capo dell’Unità di Neuroimaging quantitativo dell’Ospedale San Raffaele. “Una diagnosi precoce è il primo passo per un intervento terapeutico efficace, ecco perché migliorarla costantemente è così importante”.
Lo studio ha confrontato i criteri validati nel 2010 con la loro ultima versione, proposta nel 2016 da un network di esperti internazionali chiamato MAGNIMS (acronimo di Magnetic Resonance Imaging in Multiple Sclerosis), coordinato dal professor Filippi. Il confronto è avvenuto in modo retrospettivo, analizzando 368 casi di pazienti con un primo episodio clinico di malattia e ha dimostrato come i nuovi criteri siano ugualmente accurati nel predire lo sviluppo della malattia, promettano maggiore semplicità di utilizzo e permettano una diagnosi più specifica.