22 giugno 2017 – Ogni anno, negli Stati Uniti e in Europa, si effettuano oltre un milione di operazioni chirurgiche al cuore. Un quinto dei pazienti operati, nel periodo immediatamente successivo all’intervento, soffrono di disfunzioni al ventricolo sinistro, una grave complicazione che aumenta il rischio di morte. In casi simili, per aiutare il cuore a contrarsi correttamente i medici somministrano dei farmaci detti inotropi, tra questi il Levosimendan è considerato il più efficace. L’evidenza a supporto dell’impiego dei farmaci inotropi è però principalmente di tipo osservazionale, oppure è basata su studi di piccole dimensioni e monocentrici.
Un gruppo di ricercatori coordinato da Alberto Zangrillo, professore ordinario e primario dell’unità di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale San Raffaele, ha voluto testare l’efficacia dei farmaci inotropi conducendo su Levosimendan un trial randomizzato, in doppio cieco e con placebo, ovvero uno studio in cui i pazienti vengono assegnati casualmente al trattamento o al placebo, a insaputa loro e del medico che verifica il loro stato di salute e quindi l’efficacia del trattamento. La ricerca, finanziata in modo indipendente dal Ministero della Salute e pubblicata su una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, il New England Journal of Medicine, ha smentito la presunta utilità di questo farmaco nel ridurre il tasso di mortalità dopo l’intervento chirurgico se dato in aggiunta alla migliore terapia disponibile quando la disfunzione cardiaca è già presente. Si tratta di un risultato che mette in discussione una pratica medica consolidata.
“Un fenomeno simile – risultati positivi da piccoli studi monocentrici (e da meta-analisi che aggregano questi studi) poi smentiti da ricerche più consistenti e rigorose – si riscontra spesso nella medicina moderna quando il supporto viene da finanziamenti indipendenti e la ricerca stessa è condotta in modo collaborativo tra numerosi centri a livello internazionale. La speranza è che questi studi vengano sempre più incentivati, riducendo la burocrazia del loro iter di approvazione”, spiega il professor Giovanni Landoni, prima firma del lavoro.
“Si tratta dell’ennesima conferma dell’importanza di fare studi di questo tipo: grandi, rigorosi nel disegno e indipendenti nel loro finanziamento”, continua Alberto Zangrillo. “Sono gli unici che possono fare ordine in ciò che sappiamo o crediamo di sapere in medicina. Da questa attività dipende non solo la salute dei nostri pazienti, ma anche un uso intelligente delle risorse che il sistema sanitario ha a disposizione”.
Giovanni Landoni et al. Levosimendan for Hemodynamic Support after Cardiac Surgery, New England Journal of Medicine, 376:2021-2031 (2017). DOI: 10.1056/NEJMoa1616325